Fallaci Oriana - 2015 - Pasolini un uomo scomodo by Fallaci Oriana

Fallaci Oriana - 2015 - Pasolini un uomo scomodo by Fallaci Oriana

autore:Fallaci Oriana [Fallaci Oriana]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Biography & Autobiography, Cultural Heritage, Literary Collections, Diaries & Journals, Biografie
ISBN: 9788858679470
Google: 7-WeCgAAQBAJ
editore: Rizzoli
pubblicato: 2015-10-20T22:00:00+00:00


Galeotto N. 3678

Diventammo subito amici, noi amici impossibili. Cioè io donna normale e tu uomo anormale, almeno secondo i canoni ipocriti della cosiddetta civiltà, io innamorata della vita e tu innamorato della morte. Io così dura e tu così dolce. V’era una dolcezza femminea in te, una gentilezza femminea. Anche la tua voce del resto aveva un che di femmineo, e ciò era strano perché i tuoi lineamenti erano i lineamenti di un uomo: secchi, feroci. Sì, esisteva una nascosta ferocia sui tuoi zigomi forti, sul tuo naso da pugile, sulle tue labbra sottili, una crudeltà clandestina. Ed essa si trasmetteva al tuo corpo piccolo e magro, alla tua andatura maschia, scattante, da belva che salta addosso e morde. Però quando parlavi o sorridevi o muovevi le mani diventavi gentile come una donna, soave come una donna. Ed io mi sentivo quasi imbarazzata a provare quel misterioso trasporto per te. Pensavo: in fondo è lo stesso che sentirsi attratta da una donna. Come due donne, non un uomo e una donna, andavamo a comprare pantaloni per Ninetto, giubbotti per Ninetto, e tu parlavi di lui quasi fosse stato tuo figlio: partorito dal tuo ventre, e non seminato dal tuo seme. Quasi tu fossi geloso della maternità che rimproveravi a tua madre, a noi donne. Per Ninetto, in un negozio del Village, ti invaghisti di una camicia che era la copia esatta delle camicie in uso a Sing Sing. Sul taschino sinistro era scritto: «Prigione di Stato. Galeotto numero 3678». La provasti ripetendo: «Deliziosa, gli piacerà». Poi uscimmo e per strada v’era un corteo a favore della guerra in Vietnam, ricordi? Tipi di mezza età alzavan cartelli su cui era scritto «Bombardate Hanoi» e ci restasti male. Da una settimana ti affannavi a spiegarmi che il vero momento rivoluzionario non era in Cina né in Russia ma in America. «Vai a Mosca, vai a Praga, vai a Budapest e avverti che lì la rivoluzione è fallita: il socialismo ha messo al potere una classe di dirigenti e l’operaio non è padrone del proprio destino. Vai in Francia, in Italia, e ti accorgi che il comunista europeo è un uomo vuoto. Vieni in America e scopri la sinistra più bella che un marxista come me possa scoprire. I rivoluzionari di qui fanno venire in mente i primi cristiani, v’è in essi la stessa assolutezza di Cristo. M’è venuta un’idea: trasferire in America il mio film su san Paolo.» Della cultura americana assolvevi quasi tutto, ma quanto soffristi la sera in cui due studentesse americane ti chiesero chi fosse il tuo poeta preferito, tu rispondesti naturalmente Rimbaud, e le due ignoravano chi fosse Rimbaud. Per questo lasciasti New York così insoddisfatto? Io direi di no. Direi che lasciasti New York deluso perché non c’eri morto, perché ti eri affacciato sulla voragine e non vi eri caduto. Le notti trascorse in cerca del suicidio t’avevano reso soltanto le guance più scarne, lo sguardo più febbricitante. Mi sento, dicesti, come un bambino cui è stata offerta una torta e poi gliel’hanno sottratta mentre stava per addentarla.



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